L'appartamento affittato al conte Ruitz, in una al giardino, aveva due ale; la sinistra, destinata a Cecilia sua figlia; la destra, occupata da lui. In questa aveva stabilito il suo studio di scultura - il conte era artista - ed il suo gabinetto, perchè era anche poeta. Bruto, avendo chiesto del conte Ruitz, fu introdotto nello studio da un vecchio domestico.
Il giovane dottore era stato appena annunziato e s'era appena seduto, che una porta vetrata che dava sul giardino s'aprì ed una signora vestita di scuro, con un velo fitto abbassato sulla faccia, entrò.
A questa apparizione, il conte balzò in piedi, s'inchinò fino a terra, cavò il suo fez greco, andandole incontro senza dir motto. La signora non badò all'ossequiosità del conte, ma parve sorpresa della presenza di Bruto. Lo fissò un momento e seguì il conte che la precedeva. Il conte aprì un uscio e ne sollevò la portiera per lasciarla passare.
Ella si volse nel mezzo della stanza, onde guardare Bruto che si teneva in piedi dinanzi ad un busto; poi ancora una volta lo squadrò dall'alto al basso prima che la porta si chiudesse di nuovo e la portiera ricadesse sull'uscio. Il conte si faceva ora rosso, ora pallido. Un momento dopo chiamò con impazienza il vecchio servitore e gridò:
- Dalla signorina, stupida bestia, dalla signorina; indica al signor dottore l'appartamento di Cecilia.
PARTE SECONDA
CAPITOLO PRIMO.
Il conte Ruitz de Llamanda.
Sono proprio desolato di trovarmi in contraddizione con un personaggio così rispettabile come la madre di Lena, la quale pretendeva che i Ruitz fossero baroni alla corte e conti in città.
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