- Credete, dunque, signorina, che un uomo a ventiquattr'anni possa veder morire una bella creatura di venti, senza provare nessuna emozione?
- Ma gli è a quell'età, appunto, che l'uomo è omicida. Che età aveva il signor Lauzun? Che età il duca di Richelieu? E don Giovanni? Che età ha l'Antony cui leggo in questo momento?
- Signorina, io sono molto ignorante della scienza del cuore. Può essere ch'esso abbia degli impulsi sinistri, dei movimenti spaventevoli e feroci al morale; io non ho studiato il cuore che nelle sue sofferenze materiali. Altri più fortunati nel piacervi, intraprenderanno questa doppia guarigione, del vostro cuore e della vostra salute sì duramente compromessa. Io, per me, mi ritiro, profondamente scosso da questa memoria di un'anima ammalata. Perchè mai sappiamo noi così poco!
- Il dottor Tibia non dice punto così.
- Egli è fortunato di credere nella sua scienza e che il chinino guarisca tutte le malattie, anche quelle d'amore.
- Ma la è un'impertinenza, signore! Chi vi autorizza a credere che io ami?
- Non si nascondono lungamente le ferite, signorina. Arriva sempre un istante in cui il morale è vinto dal fisico. Tutto ciò che è stato detto e scritto in contrario, a proposito degli eroi e dei martiri, è poesia, o vanteria. Voi, del resto, sapete che siete ammalata ed io lo vedo chiaramente.
- E che cosa ho allora?
Bruto restò un momento a riflettere, poi mormorò:
- Povera figliuola!
- Voi dite? replicò Cecilia sollevandosi sul suo gomito.
- Noi abbiamo, signorina, dei nomi greci per le malattie.
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