E siccome io non sono un carnefice nè un assassino, ho detto la mia opinione e mi ritiro.
- Voi non vi ritirerete, signore, disse il conte con aria risoluta.
- Anzitutto la signorina mi ha congedato, signor conte; ma, m'avesse ella anche pregato di prestarle le mie cure, avrei rifiutato; io non presto la mia mano e la scienza a simili opere.
- Qual, è dunque, il vostro consiglio, signore?
- Arrestarsi sulla via intrapresa e lasciar operare la natura.
- Non corre pericolo per ora?
- Le sono stati dati dei rimedi violenti, che hanno cagionato indubbiamente un principio d'infiammazione. Forse ciò svanirà da sè; ma sarebbe meglio venire in aiuto alla natura con dei calmanti e dei rinfrescanti.
- Io scaccio il dottor Tibia, signore. Continuate a prestar le vostre cure a mia figlia.
- Non posso. Ho la disgrazia di non andarle a genio; e, le ripeto, mi ha congedato.
- E se fosse lei che vi richiamasse?
- Rifletterei, rispose Bruto alzandosi e salutando in atto di partire.
Il conte l'accompagnò fino alla porta e gli disse:
- Dottore, sapreste dirmi qual è la prima virtù d'un medico?
- La discrezione, rispose Bruto ed uscì.
- Grazie! gli gridò il conte.
CAPITOLO II.
Il guappo.
Il nome e la cosa sono stati importati a Napoli dagli Spagnuoli, al tempo del loro lungo dominio. Il guappo è qualcosa meno dello spadaccino, qualcosa più del rodomonte; non ha il coraggio a tutte prove del primo; fa molto più del secondo e vantasi quanto lui. C'è il guappo del popolo, il guappo borghese, il guappo nobile. Il primo è innocente, il secondo volgare, il terzo rappresenta una parte.
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