- Gran Dio! sclamò il marchese. Quel brutto pulcinella, imbacuccato in capelli da spiga da grano turco, si regalerebbe ancora buone fortune!
- Scusi, signor marchese, ella s'inganna, e calunnia un onesto cittadino della grande patria alemanna. Il conte Ruitz è artista. Non fa ancora delle statue, ma fa dei busti. È vero che lavora poco, pochissimo, quasi mai, o giammai se le aggrada; ma guardi un po' nel suo studio.... Eh! che ne dice? Convenga che quel busto del maggiore è vigorosamente modellato e quello della contessa russa è un capolavoro.
Infatti il conte lavorava di conserva quei due busti; e riceveva, come è d'uso, di tanto in tanto i due proprietari di quelle sembianze, l'uno per la porta di casa e l'altra per quella del giardino e del balcone. Era un bizzarria. Ma il conte ne aveva a bizzeffe delle bizzarrie.
Il marchese, infrattanto, che non restava a casa se non per dormire, non conosceva alcuno di questi particolari ed il suo vecchio padre, inchiodato dalla gotta su un seggiolone, ne sapeva ancor meno di lui.
Ma, a ventisei anni, un allievo dei gesuiti è curioso come qualunque altro delle donne velate. Il marchese si alzò il domani alle due meno un quarto. Suonano le due, le tre.... la dama velata non si vede.
- Che diavolo!... Andiamo fuori. Che mi sia alzato troppo tardi?
Al domani il marchese si alzò a un'ora. Attese fino alle tre. Tanto di dama che del gran turco!
- Era un uccello di passaggio. Non ci pensiamo più. No. Ancora una volta.
Ed il terzo giorno, il marchese si alzò a un'ora e mezzo, ed, in camicia e senza veste da camera, si pose alla finestra.
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Dio Ruitz
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