Passò per la piazza, ove si apre la porta principale della casa reale d'educazione per le fanciulle nobili, e vide l'equipaggio della regina madre Urraca, che andava spesso a visitare il convento.
- Povera divota regina! sclamò il marchese; se tu sapessi che tu proteggi di simili persone! Se tu sapessi che, mentre esamini codeste giovanette per assicurarti che esse seguono la via ortodossa, una delle pecorelle se la chiacchiera bello o meglio con un vecchio lupo! Ma sta tranquilla, sniderò codesto uccello, che non si contenta del suo nido.
Due giorni dopo il marchese per la via solitaria si trovò appunto sulla porta del giardino quando la carrozza si fermò. Da compito gentiluomo, vedendo una dama che si dava la pena di aprire ella stessa lo sportello della sua carrozza, s'affrettò a renderle questo piccolo servizio; da cavaliere napolitano le offrì il braccio per accompagnarla.
Ora, siccome la dama non accetta nè la mano nè il braccio e sembra malcontenta della presenza di quell'importuno, il marchese s'impuntiglia al giuoco e si accolla dinanzi alla porta. Poi, siccome la donna gli fa un segno impetuoso di allontanarsi, il marchese diviene rosso di collera, calca le orme della dama nel giardino, le tiene dietro sotto il pergolato, ascende con lei la scala a spira, dà con lei la scalata al balcone del conte e si trova faccia a faccia con un Maggiore svizzero.
La dama fa un segno e sparisce dietro la portiera di velluto dello studio. Il Maggiore, rosso come un gambero cotto, sclama:
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Urraca Maggiore Maggiore
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