Il conte, pure, pareva tenero e pieno di buoni sentimenti.
- Siete voi ricco, dottore? chiese egli con voce accarezzante.
- Eh! eh! rispose Bruto con aria un po' sbalordita, non ne so nulla, ma credo che quel gruzzolo di scudi, che mi ha lasciato don Noè mio zio, tocchi il fondo. Don Gabriele mi ha detto qualche cosa a questo proposito, la settimana scorsa.
- Prima di tutto, chi è questo don Gabriele? Non mi piacciono i nomi proprii sospesi in aria, senza genealogia nè qualifica.
- Don Gabriele? non è un uomo di cui si possano dare i connotati in succinto, come per un passaporto. Se parlassi fino a domani, ancora non vi direi ciò ch'egli è. In cinque minuti egli è Carlomagno, Pulcinella, Colombina, la Regina, Berta, il guappo ed il frate, il brigante e la provvidenza. È turco, ma eccolo poi crociato, poi eremita, inglese, francese, svizzero e, sopratutto, napoletano burlone! Aspettate un poco, ed è diavolo e poi subito Tobia, il suo angelo ed il suo rispettivo cane. Il cane, sopratutto; abbaia come una muta intiera; riassume tutte le astuzie della polizia! Oh sì! dopo ciò, provatevi a definire don Gabriele. Domani può essere imperatore dei Romani, l'asino di Balaam, il muggito del vento, lanterna di polizia, spia, tutto, insomma e qualcosa altro ancora.
- È un uomo pericoloso, questa vostra conoscenza, dottore. Bisogna che ne giudichi un po' da me stesso. Me lo condurrete.
- Se vorrà venire, rispose Bruto.
- Siete ammogliato, dottore?
- Sono sulla via di esserlo.
- Come sulla via?
- Sì, in via di ammogliarmi.
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