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      Questa sciabola era di metà più corta della spada del marchese, senza tagliente, appena appena appuntata.
      - Camillo! disse il marchese a uno dei suoi amici, sii il testimonio di questo caporale. Ti darò un certificato che vi sei stato costretto da me, e ti passerai poscia al cloruro di calce. Cosa vuoi? Mi batto bene con lui, io!
      - Non ho bisogno di alcuno, rispose il colonnello. Se è un assassinio premeditato e pagato, un solo assassino basta. Se la è una stupida storditaggine, non voglio prendervi parte accettando un testimonio. Siete pronto?
      Il linguaggio, il contegno, la condotta che il colonnello teneva da alcuni istanti, sorprendevano un poco il marchese ed i suoi amici. Essi comprendevano alla fine che questo sergente, di cui volevano trar partito per una di quelle facili gesta di cui i guappi son tanto ghiotti, poteva bene esser altra cosa che della semplice carne a baldoria e che quel monchino era forse un tutt'altro uomo che non sembrasse indicare il suo uniforme di semplice sergente. Ma era ormai troppo tardi per dare addietro. Il sergente s'era posto in guardia.
      Regnava un silenzio terribile e pieno d'angoscia. La discussione a voce troppo alta del marchese aveva attirato alla finestra diverse persone ed alcuni lumi. Le armi brillavano d'un riflesso rosso, rischiarate dai lucignoli carbonizzati delle lampade ad olio. Tutti i visi erano pallidi d'emozione. Si era per versare del sangue senza sapere nè per chi nè perchè.
      Alla semplice messa in guardia del colonnello, il marchese comprese che aveva a fare con un forte competitore, che si era mostrato umile e tollerante, precisamente perchè era conscio della sua forza.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267