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      Il marchese aveva il vantaggio dell'arma, della luce, dell'età, dell'agilità, dell'uso delle sue membra e apprezzava molto questi vantaggi, perchè si sentiva alla presenza di un pericolo. Fece una mossa per provare il colonnello, una mossa da sala di scherma: e tremò. Aveva a che fare con un maestro.
      Il colonnello, dal suo canto, vedeva che non aveva che una probabilità di salvezza nelle condizioni strane di questo duello; quella di disarmare o di ferire al braccio il suo nemico. Ma come? La sua arma era corta, i suoi movimenti lenti ed impacciati. Bisognava pertanto preoccuparsi della propria vita.... Era sicuro di coprirsi parando e restando sulla difensiva.
      Ma l'occhio poteva tradirlo un momento con quella luce ingannevole del lampione, il braccio non aveva più quella elasticità continua che doveva spiegare per allontanare quella lama che serpeggiava senza rumore intorno al suo petto. Attendere il colpo era un raddoppiare il pericolo. Valeva meglio provocarlo, aspettandolo, e rimbeccare.
      Il colonnello, avendo presa questa determinazione, in un lampo di riflessione, la mise subito in esecuzione. In un giuoco di doppia terza, tentato dal marchese, il colonnello lasciò scoperto a bella posta il proprio petto fino allora coperto.
      Il marchese non era uomo da perder l'occasione. Si fendette e allungò un colpo dritto. Il colonnello l'aspettava. Parò, scartò la spada e passò da parte a parte il braccio del marchese.
      La spada cadde dalle mani del ferito.
      Il colonnello ringuainò senza aprir bocca e si allontanò a passi lenti.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267