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      - Pure non fu neppur questo che mi decise, signora. Io non mi fo bello: racconto semplicemente le cose. Non capivo bene, allora, ciò che vi potesse essere d'abbietto e d'immorale a sposare una donna nella posizione in cui si trova Cecilia, amando sempre il seduttore, benchè abbandonata e disprezzandomi e detestandomi. Il sentimento morale che questo stato di cose svegliava in me era vago. Ciò che mi commosse, fu l'onore oltraggiato di quella fanciulla, la sua vita spezzata. Porre una corona di vergine sul capo di quella vergine madre, dare un padre a quel bastardo, un nome a quella giovane donna, panneggiar di onore quell'infamia, mettere una bandiera di salvamento su quel naufragio, riparare, gettare un sorriso su quelle lagrime, dare il diritto della vita sociale ad una bella creatura e ad un infante, calmare gli allarmi d'un padre.... tutto ciò mi sembrò generoso, eroico, commovente, nobile. Dissi a me stesso: fo una buona azione all'inizio della mia vita, ciò mi porterà buona ventura.
      - L'avete, dunque, sposata codesta donna? gridò la principessa.
      - Ascoltatemi senza impazienza, signora, non vi nasconderò nulla. Riflettei due giorni. Consultai un amico.... ed accettai.
      - Miserabile! ruggì la principessa.
      - Non ancora, signora, non ancora. Ciò che avrebbe dovuto rischiararmi allora, se avessi avuto l'esperienza della vita, ciò che mi ha rischiarato di poi, sono le condizioni poste al matrimonio.
      - Quali?
      - Il matrimonio doveva restar secreto, io doveva tenermi separato da mia moglie.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





Cecilia