E' vi parlò di me. Stuzzicò la vostra curiosità. Voi eravate indisposta un giorno e mi chiamaste qui, nel sito ove siamo.
- Me ne ricordo.
- Conversammo. Vi esaminai da medico, e non da uomo.
- Ah! e vi parve egli, ch'io mi fossi molto ammalata, signore?
- Sì, signora. E gli è precisamente perchè vi credetti e vi credo ammalata che entrai in seguito in questo appartamento. Altrimenti, avrei avuto nausea e di voi e di me.
La principessa coprì il viso delle sue mani e non fiatò motto. Bruto continuò:
- Sì, o signora, voi siete ammalata. Il vostro amore ha un nome in nosologia. Esso è classificato in tra le malattie nervose. Non ve lo ripeterò. D'altronde è desso un nome greco. Io lo compresi dal secondo giorno in cui vi rividi. Studiai il vostro male. Sentii come un rimorso di consigliarvi ancora per rimedio un maggiore svizzero od un marchese. Accettai il vostro amore come un segreto di professione, vale a dire un dogma religioso. Mi sono rimproverato il mio ufficio tutti i giorni, tutte le notti, ma non l'ho ribassato nè per codardo tradimento, nè per interesse. Il mio torto è di avervi compianta e non amata. Adoperai la mia infamia, come adoperavo in altre malattie l'acido prussico e l'arsenico.
- E perchè vi siete voi taciuto su tutto ciò fino ad oggi?
- Perchè, se io mi ritiravo, i maggiori ed i marchesi, signora, vi avrebbero trattata leggermente, afflitta, abbandonata, avvilita. Mi comprendete, signora?
- Continuate; io vi giudico.
- Io mi sono già giudicato, o signora, riprese Bruto dopo un momento di silenzio, e vengo a notificarvi la mia sentenza.
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Bruto
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