senza aspettar la risposta. L'abate venne da quest'altra banda, sedette sul letto rimpetto al colonnello, incrociò una gamba sull'altra, cacciò una mano nel corpetto e continuò a fumare come un uragano senza più schiuder labbra.
Una febbre spaventevole bruciava il colonnello.
Il medico non doveva venire che l'indomani.
L'abate gli tastò il polso e fece segno a due prigionieri. A uno disse:
- Chiama don Gennaro e digli di far portare un'aranciata. Ecco il danaro.
All'altro:
- Salassa quest'uomo.
E presentò un temperino a questo chirurgo d'occasione.
I due ordini furono eseguiti.
L'indomani venne il dottor Sibari, un allievo di Tibia.
Questo dottore aveva compreso che il governo, avendo premura di spopolare le prigioni senza strepito, sorrideva al tifo ed agli agenti della provvidenza che giustificano la teoria di Malthus. Da fedel suddito, il dottor Sibari eseguiva gli ordini dei suoi superiori, a meno che(19) l'ammalato non gli mettesse in mano alla prima visita il prezzo anticipato dei suoi consulti.
Il colonnello non conosceva gli usi della casa.
Il dottore, quindi, invece di farlo trasportare all'ospedale della prigione, lo lasciò nel dormitorio: "Non è nulla."
Il dottore era partito da un'ora, quando la porta della camera s'aprì ed il carceriere accompagnò al letto dell'ammalato un ometto tutto lindo, a cappello, di crini neri, occhiali d'oro, cranio calvo, naso e mento appuntiti, labbra strette e sottili, vivace, pronto, fresco come un maggiociondolo. Era l'avvocato dell'ambasciata di Francia, don Terenzio Siniscalchi in persona.
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