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      Ciò deve offendere la sua santità e quella profusione di gioielli deve urtare la semplicità aristocratica dei suoi gusti.
      Il canonico, uomo di logica, ammise questi principii e tutto fu ammannito: seghe, scarpelli, chiavi, leve, accette e persino un fornello per conciliare e fondere insieme quelle statue, le quali non dovevano mica andar troppo d'accordo, le une essendo di gesuiti, le altre di domenicani e francescani, quelle di vergini e quelle di vecchie.
      Aimè! ricevetti avviso da un corrispondente della società: cavalleria, fanteria, gendarmi e sbirri gironzavano intorno la Cattedrale. Eravamo stati traditi. Il canonico aveva avuto dei rimorsi: egli aveva calcolato che non avrebbe avuto che una parte degli utili, mentre poteva prendere il tutto! E' non si trovava abbastanza rimunerato del pericolo d'esser impiccato.
      - Scellerato! urlò l'uditorio di una sola voce.
      Avendo attirato gli occhi del pubblico sulla società, la polizia non poteva più chiudere impunemente i suoi. Bisognò pensare alla liquidazione ed alla dissoluzione. Diedi i miei conti, che furono accolti con un triplice grido di tripudio. Ci dividemmo i profitti da gente onesta. Deposi in mani sicure (quelle del presidente d'una corte d'appello) le memorie segrete del notaro Crescenzio, conservate fino allora tra le carte segrete del gabinetto, noleggiammo un cutter e ci imbarcammo per la Calabria, ove i nostri confratelli ci aspettavano. Quelli fra i nostri soci, che temevano il mal di mare e la brezza fresca dei boschi, restarono a Napoli, onde ritentare gli affari, sotto altro nome ed altri capi - serbandoci un ottavo dei beneficii.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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