L'era una lettera, infatti, all'indirizzo di lui.
Il dottore la disuggellò lentamente.
Il carattere era tracciato da mano calma. La carta profumata.
- Vi è della premeditazione in questa lettera - si disse il dottore esaminandola - per conseguenza, delle cose false. Vediamo.
Il dottore leggeva a mezza voce. La lettera cominciava così:
Bando al rancore, mio caro dottore. Io mi ribello.
Il dottore sorrise e borbottò, decifrando la lettera:
- Che roba infame questa scrittura all'inglese! Le lettere si ecclissano nei profili. Non vi è più la persona in questo carattere: esso è chiunque.
Io mi ribello.
Sta bene: lo si vede.
Io scompiglio i vostri progetti. L'uomo a cui volevate confidare il mio destino, o piuttosto il nostro destino, onorevole e degno sotto ogni rapporto, non era di mia scelta. E' non mi avrebbe lasciato mancar di nulla, nulla desiderare. Io sarei stata blasée, vecchia a venti anni!
- Diavolo! - sclamò il dottore - che logica!
Se voi foste stato mio padre, o anche mio zio, voi avreste forse osservato, conducendomi nel mondo, ove i miei sguardi volgevansi, chi faceva arrossir le mie guancie, brillare i miei occhi, tuffandomi in quello stupore che lambe la sciocchezza. Ma voi andavate nel mondo per conto vostro: io era per voi un refrattore - perchè non oso dire, la vostra ipoteca dell'avvenire.
Il dottore passò la mano sulla sua fronte pallidissima e sospese per un istante la lettura. Aggrottava le sopracciglia.
- Molto bene! - sclamò poscia - Vediamo la fine.
Io feci la mia scelta dal lato mio; ma all'antipodo della vostra.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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