Egli aveva ceduto il suo appartamentino da scapolo a Marco. Questi gli aveva procacciato un piccolo chalet, tra due giardini, nella via di Boulogne - dimora appartata, tranquilla, civettuola.
Regina trovolla stupenda e l'addobbò a magìa.
Lisa li serviva.
Qualche giorno dopo il loro arrivo a Parigi, Regina scrisse al dottore di Nubo una lettera meno burliera della prima. Alla quale il dottore non rispose. Alla vigilia del giorno prefisso per legittimare il matrimonio secondo le leggi francesi, Regina si recò dal suo ex-zio e gli portò una lettera di suo marito. Il dottore ricevè la sua ex-nipote gelidamente, non le diresse un motto di rimprovero, non fece alcuna allusione al passato. Gettò l'epistola di Sergio sul tavolo senza aprirla, e non andò nè al municipio, nè alla chiesa.
Regina cominciava a sentire una specie di freddo al cuore. Ella principiava a trovarsi sola e si atterriva di quell'isolamento.
Imperciocchè, checchè se ne dica, il marito non è mica tutto per una donna!
Per trovarsi a completo, la donna à mestieri sentirsi dietro una famiglia del passato - i parenti - ed innanzi una famiglia dell'avvenire - i figliuoli. Codesti sono le sue guardie del corpo. Un marito, anche imbecille, è poi sempre, più o meno, un padrone.
A quella specie di solitudine, cui le creava l'assenza dei legami del sangue, arrogevasi la libertà intera ed illimitata cui Sergio le lasciava, e la vita che costui era forzato condurre per compiere i suoi lavori.
Un uomo di lettere - poche eccezioni salve - è il peggiore dei mariti, per una donna che aspettasi a trovare in lui il pontefice massimo della bellezza di lei ed il primo gentiluomo di sua camera - un essere previggente, in una parola, dalle piccole moine, espansivo, delicato, innamorato.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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