Ma non appena Alberto ebbe visto il suo rivale di profilo ch'egli sclamò:
- "Poffardio! ò il capo del bandolo adesso. Un istante!
- Ch'era dunque?
- Udite. Fecimo bassar le spade. Alberto si avvicinò al colonnello, e volgendosi a noi:
- "Signori, diss'egli, io non posso battermi con questo galuppo.
- Perchè dunque?
- Perchè dunque? dimandarono infatti il colonnello ed i suoi testimoni di una voce.
- "Perchè, signori, - soggiunse Alberto, costui è un lacchè.
E ciò dicendo, di un colpo di mano strappava la parrucca ed i baffi del Polacco, e di un gesto imperioso ordinavagli:
- "Zio Timoteo, va a prendere il mio pastrano e vestimi. Su presto, mariuolo.
- Mio Dio, mio Dio! - disse Regina. Ma chi era dunque codesto domestico?
- L'intendente di una certa dama Thibault, cui voi conoscete, signora.
- Possibile!
- Sì, signora, ed Alberto nol conosce che troppo. Ora, gli è impossibile di farsi un'idea dello scompiglio che si stampò sul viso di quell'uomo smascherato così. Divenne di un tratto furioso.
- "Ah! - gridò egli - voi non volete battervi meco? Ebbene io vi forzerò.
- "Gli uomini come te, miserabile, risponde Alberto con calma, li si trascinano al banco della polizia correzionale.
- "Io non domando mica meglio - rimbeccò il Polacco. Prendete questo infrattanto.
E ciò dicendo, allungò la spada, e ferì Alberto profondamente al collo, e dettesi a gambe.
- Oh! l'assassino! - gridò Regina, lasciandosi cascare sur una seggiola.
- Il Polacco aveva preso i due sotto-uffiziali dai chasseurs nella caserma della via di Courcelles - continuò Marco - allegando che andava a battersi, ch'era straniero, e che non conosceva anima viva.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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