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      Come non era guari a presumere che quel giovane signore avesse dimandato una lettera ad una dama della corte, per andare personalmente, in treno di gala, a scegliere una cameriera in un ospizio, la sua curiosità doveva avere un altro interesse.
      - Non è nemmanco possibile - ruminava nel suo capo mistress Grown - che egli venga a visitare i quadri della sala del comitato. La Marcia di Finchley di Hogarth, il cartone di Raffaello, l'Angelo ed Ismaele di Highmore, il Cristo di Willis, il Moise di Hayman, belli che siano, non richiedono un così alto intervento per essere ammirati. Verrebb'egli dunque per conoscere la storia del capitano Thomas Coram, e come quel bravo uomo fondò l'ospizio? Vien'egli per apprendere i nostri regolamenti e paragonarli a quelli del continente; per osservare come lo stabilimento è tenuto ed amministrato; per ottenere la statistica dei trovatelli raccolti? Non ne so nulla. Come dunque posso soddisfare ai suoi desideri se non l'indovino?
      Malgrado si mettesse queste questioni, mistress Grown non osava nulla chiedere allo straniero. Si proponeva mostrargli tutto, tutto dirgli. Lo condusse dunque nella vasta sala ove le ragazze entravano in quel momento per pranzare.
      Erano circa centocinquanta.
      La sala, lindissima, era rischiarata da parecchi finestroni aperti, sporgenti sul giardino, da cui penetravano, nel tempo stesso, il sole a grandi ondate, la brezza, il cinguettare degli uccelli che folleggiavano negli olmi, ed il profumo dei fiori delle aiuole, misto all'odore delle vivande.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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