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      - Primo, di sgabellarmi del mio istitutore, e di viaggiare accompagnato da un solo cameriere.
      - Benissimo. Quel povero padre Toufferel v'imbarazza dunque, o non sa egli abbastanza?
      - Sa anzi troppo. Però, io non voglio più gesuiti intorno a me.
      - E secondo?
      - Secondo, di vivere affatto libero e padrone delle mie azioni. Io so chi sono e dove vado.
      Queste dimande parvero strane, sopratutto al padre Toufferel - il quale governava la testa ed il cuore della principessa, oltre la coscienza di lei.
      Si oppose un rifiuto perentorio.
      Il giovane principe ricusò a sua volta di ricevere ulteriormente il gesuita, e protestò a sua madre che non si sarebbe recato a Pietroburgo che trascinato dalla forza.
      - E perchè?
      - Perchè io non voglio disobbedire, come voi disobbedite, madama, ai desiderii, agli ultimi ordini di mio padre e del vostro marito e signore.
      Quest'attitudine colpì la principessa, e diede a riflettere al gesuita.
      La principessa - che andava alla corte per godere della sua libertà - vide di uno sguardo ch'ella vi menerebbe seco un testimone uggioso delle sue azioni, e più tardi - quando il giovine principe avrebbe raggiunto i suoi diciotto anni, età determinata dal padre per la maggiorità di lui - un padrone severo.
      Si lasciò dunque piegare.
      Il gesuita calcolò più freddamente: che valeva meglio conservare la direzione della donna che l'educazione del garzone refrattario.
      E Pietro partì per la Germania, il giorno stesso in cui sua madre ed il confessore partivano per Pietroburgo.
     
      La vita del buchschaft esercitò sopra Pietro come un incanto.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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