Maud rinculò spaventata.
Quel sembiante sì nobile testè, quei lineamenti sì belli, erano accartocciati da un'orrida convulsione. Le labbra spandevano una schiuma livida e sanguinolenta. Gli occhi rotavano ferocemente nelle orbite. Tutto il viso si copriva di una pallidezza lurida, piombiccia, schifosa a vedere.
Il principe era epiletico(11).
Maud, spaventata, andò a rifugiarsi in un attiguo gabinetto, e pregò.
Due ore dopo, il signor di Lavandall rinvenne in sè. Si guardò attorno: era solo in mezzo alla tenebre, e... vedovo!
- Vedovo! - sclamò egli infatti, cercando dello sguardo e del desiderio la moglie.
E ricadde nel parossismo.
III.
Al castello di Lavandall.
Il giorno che seguì la scena cui abbiamo raccontata, il principe fece dimandare alla consorte se poteva riceverlo.
Maud aveva passata la notte - la sua prima notte di nozze - accoccolata sur un canapé nel boudoir. Le sue cameriere la avevano rilevata, all'alba, agghiadata di freddo e di orrore.
Un bagno caldissimo, qualche ora di riposo, le avevano poscia restituito un po' di calma. Ma il suo spirito era tuttavia sotto il peso dello spavento.
Quando le si annunziò la dimanda di suo marito, un tremor sordo la convulse.
Era alzata. Le sue cameriere, stupefatte ed intrigate dal mistero di quella strana notte, la circondavano.
Maud fece rispondere al marito che era pronta a riceverlo, e rinviò le fanti.
Tranne il pallore un po' più intenso, lo sguardo un po' più vago, la pupilla un po' più larga e fosca, e l'andare un po' più affranto, alcun'altra traccia non restava della crisi della notte sulla persona del principe.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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Lavandall Lavandall
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