Maud lo seguì degli occhi; poi si accasciò sul divano e pianse.
Il principe partì la sera alle sette, non menando con sè che il suo vecchio intendente, il quale da quindici anni conosceva tutti i suoi segreti.
Maud diè congedo alle cameriere che l'avevano trovata la mattina in così lagrimevole stato, e partì la sera stessa, alle otto, accompagnata da quella fanciulla inglese, cui il principe le aveva dato quando la tirò dall'ospizio, e che le si era affezionata. Ella condusse seco altresì un maggiordomo, anche inglese, che l'aveva seguita da quell'epoca.
Quindici giorni dopo, il principe e la principessa di Lavandall entravano insieme al castello. Il principe aveva aspettato Maud ad una giornata di distanza dalla sua residenza.
Ora, quella residenza non era poi così tetra e desolata come il principe l'aveva dipinta a sua moglie. La si sarebbe detta, al contrario, un castello reale.
Era tutta costruita in marmo rossastro, vasta, ornata di terrazze che sporgevano sur una immensa campagna, bellissima. L'attorniavano dei bei giardini con ricche stufe. La popolavano un centinaio o due di servi. I mobili erano di un gusto squisito; le tappezzerie ricchissime; i quadri preziosi; le curiosità senza numero: tutto scelto, insomma, con intelligenza, gusto e conoscenza.
Una foresta di dieci leghe di diametro, ove serpeggiava una riviera dalle acque malinconiche e chiare, era gremita di laghetti, come dei pezzi di argento gittati sur un verde tappeto.
Il castello dominava, a parecchie leghe d'intorno, un numero di piccoli villaggi, con dei chalets dallo stile bisantino, chioschi e minareti di stagno, che risplendevano all'aurora ed al tramonto come guglie di oro, quando il sipario della nebbia, ondulata come i cavalloni del mare, si diradava.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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Lavandall Maud
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