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      Però, se si fosse scandagliata l'anima della giovane donna, vi si sarebbe forse trovato più timidezza che avversione.
      Il principe le ispirava paura e pietà.
      Se l'orrore non vi si fosse mischiato, l'amore vi si sarebbe guizzato.
      Il principe, dal lato suo, non provò di nulla per favorire le proferte di sua moglie, i primi passi. Egli l'amava alla follia, e perciò appunto si mostrava più inesorabile. S'immergeva nella solitudine e nello studio. Correva i boschi a cavallo, seguito unicamente da Ivan (il servo fedele, che non lo aveva abbandonato da quindici anni), esecrando la vista delle umane creature, involandosi a sovvenenze che lo stringevan di presso, fuggendosi, fuggendo, reprimendo forse i rimorsi di non aver parlato, come parlato aveva ad Aurora Mortier, prima del matrimonio.
      Egli cercava sottrarsi alla febbre dei desiderii che lo bruciava; scappar forse a suo fratello, la di cui gaia e sana giovinezza lo gittava in un vortice di delirii.
      Il principe avrebbe voluto obliare, e si sentiva di più in più attirato, con una vertigine spaventevole, dagli oggetti ch'ei si sforzava di estirpare dal suo cuore e dalla sua memoria.
      Maud lo fascinava.
      Alessandro lo inteneriva.
      Il principe passava le sue giornate nella biblioteca del castello, toccando a mille libri e non leggendone alcuno.
      Parlava poco, talvolta con durezza, con ironia sempre. Ascoltava Maud distratto; suo fratello, attentamente. Egli spiava sempre, intento all'incognito, all'assente, a quello che sbrigliava la bufera nel fondo dell'anima sua ed aleggiava negli spazi infiniti.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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