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      Le dissi che io era stato repulso due volte. Mi offersi a rivelarle tutto. La supplicai ginocchioni di non giudicarmi innanzi di udirmi... Io l'ò amata... io l'amo... Le ò offerto la libertà, la ricchezza... Le ò detto di fuggirmi, di andar a vivere ove ella volesse, dove la vita potesse essere per lei un cielo stallato di gioie... Ella à voluto restare.
      - Ed è questo il suo delitto? obbiettò Alessandro. Ella à fatto il suo dovere.
      - Ella à voluto restare, ma la cortina di velluto della sua camera è per me più intraversabile che il mare dei poli. Essa ci separa, come un cratere, dall'ora prima. Maud à voluto restare, ma come uno scherno, come una provocazione, come un rimorso, come un rimprovero, come una vendetta, come un supplizio. Ella à voluto restare per scavare a questo dannato un inferno più profondo dell'inferno - gridò il principe, alzandosi. Voi avete spaventata la mia agonia col rumor dei vostri baci... Ed io rivivo per punire.
      Egli aspettava forse una risposta, poichè si fermò, essendo tremante per tutte le membra.
      Il conte Alessandro, pallido come un chiaro di luna, si tacque.
      Il principe riprese, di voce solenne:
      - Io ti fo giudice adesso. Se io sono colpevole verso quella donna, vendicala ed uccidimi. Se non lo sono, tu mi oltraggiasti. Ti aspetto dunque domani, qui. L'uno di noi debbe restarvi.
      E terminando queste parole, il principe Pietro di Lavandall snodò la briglia del suo cavallo, lo montò e partì al galoppo.
      Il conte Alessandro rimase per qualche istante immerso nella più profonda preoccupazione, poi si allontanò.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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