E' prese la lettera senza guardarla, meccanicamente. Il suo spirito vagava altrove.
L'impressione del freddo, che gli occasionava lo sportello aperto del coupè, lo richiamò alla realtà. Egli avvicinò allora la lettera ai suoi occhi e fece un movimento di sorpresa.
- Chiudi dunque codesto sportello, - gridò egli ad Ivan, tirandolo nel tempo stesso a sè con violenza.
Poi, e' si volse al dottore e soggiunse:
- Cosa è codesto? Egli scrive adesso? E' non è dunque qui.
- È il conte Alessandro che scrive? - dimandò il dottore.
- Egli stesso - rispose il principe, spiegando la lettera e guardandola anco prima di leggerla.
Infine egli lesse a mezza voce, come avrebbe fatto se fosse stato solo:
Fratello....
- Fratello! - gridò il principe - fratello ancora...!
Io era sul punto di partire e di rendermi al tuo appello. Ò avuto paura... Ò avuto paura che quando tu mi avessi ucciso, e che tu avessi poscia saputo la verità, ne saresti stato sventurato per tutta la vita.
- Tutta la vita! - commentò il principe - In quanti mesi, in quanti giorni ciò può consistere, dottore? Egli dice: sventurato! Sarei io dunque felice, dottore, senza avvedermene?
- Tutto codesto non tien che a voi, principe mio - rispose il dottore.
Tu sai che io non mi spavento alla vista di una spada...
- Se lo so! - gridò il principe. Crede egli dunque che io non compresi ch'e' poteva uccidermi l'altra volta, e ch'e' fece a posta un movimento per precipitarsi sulla mia spada? La paura non è di casa nostra.
Ma oggi, io non sono ancor pronto.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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Ivan Alessandro
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