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      - Vostra Maestà è ancora giovane - insinuò il P. d'Ebro - e Dio semina l'avvenire. Ma l'uomo crea pure gli avvenimenti... e li corregge.
      - Gli è appunto ciò cui penso da qualche settimana.
      - Allora, V. M. troverà certamente la soluzione del problema... ed io supplicherò Dio che la rischiari.
      - Non vi è mestieri di tanta luce, padre mio. Io non ò che quattro cose a fare. Primo: invertire l'ordine della successione...
      - Gli Stati della nazione non lo consentirebbero, forse; ed e' sarebbe pericoloso farne senza.
      - Lo veggo anch'io. E perciò, ò messo da parte questa misura. Secondo: decretar la Repubblica, a partire dall'indomani dalla mia morte.
      - Sire, non si rispetta sempre la volontà dei re defunti. Poi, la Repubblica, che assassina i re e rovescia gli altari, è abbominevole agli occhi di Dio.
      - Ed ecco perchè ò messo da banda anche codesto mezzo. Terzo, allora: fare uccidere mio fratello.
      Il gesuita non interloquì.
      Il re continuò:
      - Infine, riammogliarmi.
      - E perchè no, sire? Vostra Maestà non à che cinquant'anni.
      - Lo so. Ma cosa è l'età, cui annunzia un almanacco, se l'età, cui Dio infonde nel sangue, avanza del doppio? Io ò cento anni. Tutto è morto in me. Un nuovo matrimonio non migliorerebbe la situazione del mio regno e le condizioni della mia famiglia.
      - Sire, voi obliate che Dio fa dei miracoli, o ch'Ei fa fiorire i rami disseccati.
      - Io conosco qualcuno che farebbe di codesti miracoli senza ricorrere a Dio - e lo si vede più spesso che la morale nol consentirebbe. No, padre mio, non vi è resurrezione in questa materia.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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