Suo padre l'aveva chiamata Diana. Forse, ei sarebbe restato più nel vero se la si fosse addimandata una Venere contadina!(19)
La statura s'innalzava un poco al di sopra della mezzana, ma bene assisa sulle groppe e solidamente costrutta. Nell'insieme, svelta ed armoniosa. Non si appiccava l'epiteto di piccino nè ai suoi piedi, nè alle sue mani; ma le sue mani seducevano, i suoi piedi provocavano.
Io mi sono sempre dimandato perchè dei piedi graziosi, piccoli, inarcati, elastici, provocassero, solleticassero. Che mi si parli delle labbra, io lo comprendo. Delle labbra rosse, leggiermente umide, a pelle fina, a palpitazione soave, a polpa attraente - delle labbra, insomma, come quelle della principessa Bianca - sono un focolaio di amore a getto continuo, che danno i brividi. Que' piccoli denti - che debbono morsicchiare sì bene - sembrano una frangia tagliata in un petalo di magnolia! Quegli occhi neri, grandi, lucenti, che vi avviluppano e vi penetrano; che riverberano l'infinito; che rivelano l'abisso; ove il piacere è re; ove l'amore è tiranno... appiccano l'incendio dovunque si posano, la disperazione dovunque passano, fanno paura se s'inalberano, uccidono se diventano languenti. Le sopracciglia che li coprono scoppiettano scintille se si aggrottano.
La fronte di Bianca non è alta, ma levigata e candida e si perde nelle onde infinite di una capigliatura nera e vellutata - che morde il freno, lo rode ed irrompe - correndo dietro alle carezze della brezza ed ai raggi del sole.
La sua fiera narice è crudele e voluttuosa, altera e provocatrice.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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Diana Venere Bianca Bianca
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