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      Volge a sinistra; sale sur un poggio e si ferma in una crocevia che rassomiglia alla rosa dei venti. Il duca la raggiunge. Ella s'immette in un sentiero coverto e sbocca in una specie di valle magica.
      L'ombra di un pino, come un obelisco, segnava mezzodì sur una roccia.
      In mezzo a quel guazzabuglio di pini, di cedri, di abeti, di criptomerie che si rizzano svelte e spigliate come colonne, si sarebbe creduto trovarsi nella moschea di Cordova - di cui si è fatta una cattedrale! Il sole, a traverso i rami, zebbrava il suolo di rabeschi fantastici. La mandevillea, dai grossi mazzi di fiori bianchi che olezzano il gelsomino, invadeva quelle colonne. La phylophora, dai pampani lucenti, circondava le loro basi e si slanciava in pergole. La maurandia, dai fiori purpurei, ed il phoseolus, dai fiori rosei carichi di profumo, spiegavano le loro cortine. Un ruscello accompagnava della sua sordina i gorgheggi dei rosignuoli, le improvvisazioni alla diavola di una folla di piccoli uccelli che si apparecchiavano a fare la loro siesta. Il suolo era tappezzato di una giovane felce tenera e fresca.
      - Quest'alfana mi à stanca - sclamò Bianca. - Vorrei riposarmi un istante e dar la caccia alle farfalle, alle sponde di quell'acqua.
      Il duca le porse il braccio. Ella si lasciò cadere in braccia a lui - tanto sembrava affaticata! Si assise sur un cespo di erbe, ed il duca legò i cavalli ad un albero.
      Il silenzio della voce umana era completo. Il brulichìo indistinto della natura era un narcotico. Sul loro capo, le tortorelle, poco pudiche e poco intimorite, ricambiavano dei lunghi, lunghi baci.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





Cordova Bianca