Poi tuffava le mani nelle sue grandi tasche e ne tirava fuori, per la terza volta, un dispaccio, cui leggeva facendo dei musoni singolari, sclamando con dispetto:
- Sì, sì, vi ci vorrei ben vedere, voi signor conte di Nesselrode! Gli è facile dar degli ordini, i piedi stesi sugli alari del camino...
E soggiungeva altra roba, forse meno riverente pel suo ministro, cui perciò appunto non articolava chiaro, e che restava in istato di ringhio indistinto.
In quel momento, un domestico annunziò il signor conte Sergio di Linsac.
Il principe fece un segno della testa, ed il signor di Linsac entrò.
Non era avariato di molto, dopo l'assassinio di Regina. Sarebbe forse perchè il rimorso non è ruggine che rode alla superficie, ma trivella che fora in dentro?
Vi sono dei dolori che sono una maschera; altri che sono un'anima.
Per espiare il sospetto - di cui aveva vituperata Regina - il signor di Linsac si era forse imposto il bazzicare intorno al principe di Lavandall. Il principe, dal lato suo, onde risarcirlo in qualche modo, gli aveva procurato una sovvenzione annua di 30,000 franchi dalla Russia, per il suo giornale Les Deux Europes: perocchè vi sono dei rimorsi gentiluomini.
Il fatto è, che il demone dell'ambizione aveva acciuffato M. di Linsac, e che egli voleva arrivare ad ogni costo, arrivare a tutto.
La fortuna del signor Thiers lo aveva abbarbagliato. Voleva dunque esser deputato, pari, ministro, ambasciatore, tutto ciò che la sua ardente immaginazione di romanziere gli pingeva come una sorgente di ricchezza e di piaceri.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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