- Il conte di Nesselrode vi à scritto, allora, di che si tratta.
- O' ricevuta la lettera del Gran Cancelliere questa mattina stessa.
- Sì. Gli avevo detto che mi sarei trattenuto qualche giorno a Vienna. Ma, dopo un abboccamento col signor di Metternich, l'impazienza mi à soverchiato, e sono partito la notte stessa.
- Il Cancelliere austriaco parteciperebbe anch'egli ai segreti di Vostra Altezza?
- Oh! no. Egli li avrebbe venduti.
- Sono ai vostri ordini, monsignore. Ma non nascondo a V. A. che l'intrapresa è arduissima.
- Lo so anch'io.
- Tanto più che non si è neppur sicuri che quelle carte esistano ancora.
- Ciò è certo: esse esistono.
- Sarei indiscreto se domandassi a V. A. come ella ne ebbe la rivelazione!
- Per il mezzo lo più sicuro: dal padre d'Ebro, confessore di mio fratello.
- Possibile?
- L'è così. Io vado a raccontarvi tutto; ma procediamo con ordine.
V.
Il seguito della colazione di Bianca e di Balbek.
- Io pass'oltre a tutto ciò che i gazzettieri àn raccontato di questa storia nei libelli e nei giornali - favellò Tebe. Voi avete dovuto leggere tutto codesto.
- L'ò letto, Altezza.
- Allora voi saprete che tra mio fratello e me fuvvi mai sempre la più cattiva intelligenza. Sarebbe perchè mia madre, quando era incinta di mio fratello, si annoiava dei sermoni di un gesuita, e quando era incinta di me, si divertiva con un ciambellano saltimbanco? Dio lo sa. Il fatto è, che mio fratello non à saputo mai tollerarmi.
- Tutti i gabinetti di Europa non ignorano codesto.
- Bene. A ciò si aggiunsero le insinuazioni dei confessori e dei cortigiani.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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