Durante quei racconti alle piume d'oro, ai profumi stupefacenti, Adriano si taceva, ed i colori si alternavano sul suo viso. Non osò questa volta dar la replica con le sue storie di seminario e con i suoi vagheggiamenti di - non più lontano che l'anno scorso! - sciorinarla da vescovo in una messa pontificale! Egli massacrava invece Vitaliana di mazzetti, cui andava a frugacchiare sotto i cespugli della montagna, di farfalle, cui dava la caccia nelle praterie, e di ogni specie d'insetti ai colori brillanti, cui acchiappava al volo come un'allodola.
Aveva cura però di ripigliare tutt'i fiori cui Vitaliana aveva appassiti, sia nei suoi capelli, sia nel suo busto; d'impossessarsi di quanto Vitaliana avesse toccato; di bere di nascosto nel bicchiere di lei; di raccogliere le briciole di fettuccia, gli stracci, i fogli di carta scritti, tutto ciò che Vitaliana aveva sfiorato e che svolazzava sotto la finestra della camera da letto di lei - spiando perfino il capello cui la brezza le involava quand'ella si pettinava.
Poi, egli faceva sul piano dei prodigi, per ricordarsi, per inventare, se occorreva, per suonare tale aria, tale sinfonia, tal duetto cui Vitaliana preferiva. Se la sua mano, se il suo piede toccavano la veste stessa di sua cugina, Adriano allibiva, aveva i brividi. Egli smagriva, scoloriva. Non dormiva più la notte. Mangiava appena. Insomma, era proprio tempo che il mese di novembre arrivasse e mettesse termine alle vacanze.
Quando i due cugini si abbracciarono per dirsi addio - Addio! disse Adriano, mentre Vitaliana diceva: All'anno venturo!
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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