- Quando le labbra di Adriano toccarono le guance di Vitaliana, questa si sentì scorrere lungo la spina dorsale un fluido incognito, il quale le rivelò che ella era donna, e dette una forma ai sogni nebulosi che agitavano talvolta le sue notti.
Adriano le aveva inoculato quella scintilla negli occhi, quel languore nella parola, quel formicolare nelle labbra, quella elettricità divina del bacio, quell'irradiamento della respirazione, quel flusso e riflusso del sangue luccicante di pagliette di oro, quel brivido inebbriante, quel delirio stellato che chiamasi amore, voluttà - e che Dante riassume in una parola: indiare!
Poi non si rividero più. E forse in quel cuore, ove aveva regnato Adriano, restò una ferita, ed in quello, ove aveva regnato Vitaliana, una cicatrice.
L'inverno giunse.
I balli cominciarono.
Vitaliana rientrò nel mondo al primo ballo delle Tuileries.
L'effetto che vi produsse fu immenso. Ella ecclissò tutto ciò che l'Inghilterra, la Polonia, la Francia avevano riunito di quei fiori di stufa, il cui splendore appanna le stelle.
Questa volta non furono più i giovanotti che ronzarono intorno a lei. Erano gli uomini, dallo sguardo concentrato e stupefatto, che le si avvicinarono tremando. Gli era il blasé che risuscitava; il milionario che sperava; il potente che dimandava grazie; la forza che si trovava impotente; il desiderio che si sentiva delirio; la vita seria che vagava atterrita intorno a quel filtro dei cieli - il quale si presentava con l'innocenza dell'olezzo di una rosa, il bagliore grave di una perla, la soavità di un'alba di primavera, la neghiazza divina della verginità - quel candore che ignora sè stesso, cui si scorge nell'angelo del Cimabue e nelle madonne dell'Angelico.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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