All'istante in cui il duca di Balbek la distinse, di un varco fu a lei.
Egli infieriva di orgoglio per aver scoverto, indovinato, profetizzato Vitaliana nel superbo embrione dell'anno precedente. Questa vanità sola sarebbe bastata per infiammarlo.
E' s'impossessò della giovinetta per tutta la sera.
Vitaliana non ne sembrò punto tòcca.
Ma sua madre vedeva tutto, s'informava, calcolava.
Il generale di Hauteville presentò il duca alla contessa di Muge.
Questa lo accolse con una grazia squisita, ma dall'alto. Si parlò di frascherie. Il duca di Balbek aveva uno spirito triviale - reso brutto dalla fatuità e sformato dallo sforzo cui faceva per metterlo in evidenza.
Non si à mai così poco spirito che quando si piglia a partito di mostrarne dovizia. Questo fiore spontaneo, sì delicato, diviene scialbo o eteroclito, come tutti quei prodotti scipiti di cui il giardiniere sollecita lo sboccio.
La contessa non commise lo sbaglio di mostrarsi al secondo ballo della Corte ed a quello dell'ambasciata di Russia.
Ella non apparve, che come baleno, al ballo dell'ambasciata d'Austria. Ma si mostrò in tutto il suo splendore in quello dell'ambasciata d'Inghilterra - perchè ebbe l'accorgimento d'impegnare tutt'i suoi parenti, della più alta aristocrazia del Faubourg, a non mancarvi - e trovò per Vitaliana una toilette d'una semplicità e d'un'eleganza che trasformava quella fanciulla in cherubino.
Il colpo che ella voleva portare ferì di punta.
Il duca di Balbek dimandò alla contessa l'onore di presentarsi a lei.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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