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      Il ceppo si infiamma. Il re à troppo caldo alle sue gambe e chiede al duca di scostare la sua seggiola. - Mi scusi, sire, risponde il duca di Lermes, gli è il conte di Lemos che à il diritto di toccare la seggiola di Vostra Maestà. Si cerca il conte di Lemos. Egli è alla caccia. Il re si abbrustola infrattanto, ma non osa più ordinare al duca di Lermes di allontanarlo dal camino. Il duca non osa invadere le funzioni del conte di Lemos. Sì bene che, quando questi ritornò dalla caccia, le gambe del re erano rosolate come una costoletta - e ne morì. Ecco come si conducevano i nostri padri; ecco l'esempio dei nostri antenati(29)!
      - Come è nobile codesto, birbo ch'io sono!
      - Ebbene, io ò visto - visto dei miei occhi, dei miei propri occhi, M. Claret - io ò visto mastro Robert, alla porta dell'Opera, in presenza di noi tutti, aprir lo sportello del coupé del duca, bassare la staffa, raccoglier per terra non so che cosa, e gridare al cocchiere: A casa! Nome di un conte! se codestui à l'anima di un lacchè, che indossi la livrea.
      - Voi avete ragione, zio Pradau - scoppiò M. Claret, indignato.
      - Se ò ragione! ma dimani quel birbo consentirà a rimpiazzarvi come intendente, M. Claret, come maestro di casa, se il padrone gliel'ordina.
      - Oh ve'! Io vi prometto che vado a lavargli il capo per bene.
      - Bisogna mandarlo via corto corto, e senz'altro, M. Claret. Io m'incarico di trovargli del pane. Ma io ò bisogno del suo posto, io: quel posto mi fa d'uopo.
      - Come! voi dite...
      - Che quel posto mi fa d'uopo.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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