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      Era di già pettinata, e Luisa le infilava le calze.
      - Non ti aspettavo - disse Morella, la padrona della dimora. Vieni tu per qualcosa?
      - Lo credo bene. Vengo a passare in rivista l'esercito, ispezionare le armi ed aggiungervi questo cannone alla Paixant.
      E, ciò dicendo, le presentava un ferretto di diamanti a foggia di stella.
      - L'è proprio bello - sclamò Morella. E vado a collocarlo, all'istante, nel suo empireo.
      - La tua fronte l'ecclissa, Morella - rispose Sergio, baciandola.
      - Tanto meglio se l'è così. Ne saresti tu già ai concettini, con me?
      - Come? tu dici ciò all'uomo che ti à presentato il tuo bastone di maresciallo?
      - Di meglio: che mi à cacciato nella mischia per guadagnare la battaglia. Come trovi tu questa veste?
      - Giammai demonio non prese meglio le penne di cherubino.
      - Lasciami in pace con le tue inezie di demoni e di cherubini. Sono io bella?
      - Ahimè!
      - L'insieme è armonioso!
      - Irresistibile.
      - Se indicassi l'ombra appena di un neo, qui, in giù della guancia... per fare osservare come essa si arrotonda soavemente sulla mascella inferiore?
      - Non aggiungere nulla di nulla. Vattene, Luisa. L'è finita. L'è perfetta. Dio sarebbe geloso, o innamorato, dell'opera sua - se fosse la sua!
      - Insomma? - chiese Morella, quando la cameriera fu uscita.
      - Morella, io non tenterò più di piegarti.
      - E fai bene. Ti dicono, pertanto, uomo di spirito! Scrivi dei libri che pretendono rivelare il cuore umano! Esci dunque dall'assurdo. Io non ò che diciannove anni. Non ò, per conseguenza, che undici anni innanzi a me, per occuparmi di altro che di amore.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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