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      Addio.
     
      Il ballo di madama Thibault si componeva di due categorie di persone: gli attori e gli spettatori.
      Gli attori erano una ventina di giovani dei due sessi, cui alcuno non conosceva ed alcuno non curava conoscere - i ballerini. Le damigelle erano state scelte di una bruttezza sufficiente per non far macchia e servire di rilievo alle vere bellezze.
      Questo coro della festa era vestito di bianco, senza gioielli, con qualche fiore nei capelli, ed ecco tutto.
      Non vi era da sbagliarci sul suo ufficio.
      La categoria degli spettatori era altra cosa. Lo zio Pradau li aveva dipinti con esattezza.
      Madama Thibault abitava adesso un padiglione in fondo ad una corte, nel Faubourg St. Honorè. Al padiglione si annetteva un piccolo giardino. E tutto ciò era ricco e civettuolo.
      I saloni, o piuttosto la Borsa, eran già stivati di gente, quando Morella arrivò.
      La stessa parola spruzzò, nel medesimo tempo, da tutte le labbra: Ecco la regina!
      Infatti, Morella era alta abbastanza per spiegare l'eleganza squisita della sua taglia, ma non troppo per imporre, come una Semiramide di Opéra. Il suo colorito aveva quella pallidezza bianca ed abbagliante, piena di salute, che indica l'armonia delle funzioni della vita, la perfezione degli organi. Una pelle vellutata e fina, simigliante all'alito di una bambina che dorme. Il suo lungo sguardo nero era impregnato di languore, ma si animava per raggi, e dava delle scosse come una macchina elettrica. Nulla poteva eguagliare la freschezza, la grazia, la soavità della sua bocca, ove la voluttà sorgeva come Venere dalla schiuma del mare.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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