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      Allora, fra otto giorni, tutta Parigi conoscerà il mio Inglese. Che se ne vada; ognuno sclamerà: guarda! l'inglese è partito dunque? Che noi ce ne andassimo, alcuno non se ne accorgerà.
      Il dottor Nubo entrò allora nel salone e venne a salutare il duca. Egli squadrò fisamente Morella e disse:
      - Che tigre reale! Gli è per questo che io sentiva l'odore di carne fresca. Attento a voi, caro duca.
      - Io non sono una scienziata in storia naturale - rimbeccò Morella, con un sorriso grazioso, ma che aveva gli artigli di acciaio. Vedendovi, però, signore, io m'immagino contemplare uno di quei vecchi vasi di Faenza degli speziali di una volta - quei vasi il di cui smalto abbarbagliava, i di cui geroglifici intrigavano, e che contenevano delle droghe velenose, talvolta della vipere.
      - Benissimo, benissimo, piccina. Tu ài la stoffa per divenire una duchessa.
      - Voi siete terribile, madamigella - osservò Balbek. Vi si punge e voi ferite a morte.
      - Oh! si à dunque la vita così tenera qui?
      - Addio, madamigella. Io non oso neppure pregarvi di cessare la guerra contro un vinto.
      - Davvero, signor duca? Bah! Il principe di Lavandall, lui, mi avrebbe forse abbracciata o strangolata.
      Il duca uscì come un lampo dal salone, trasportando nel cuore quest'ultima freccia avvelenata.
      L'indomani, Morella aspettava il duca, alle due.
      La sua previsione era giusta.
      All'una e mezzo egli sonava alla sua porta.
      Il destino lo spingeva.
     
     
     
      IX.
     
      Vitaliana.
     
      Che idillio! che primavera intorno a Vitaliana!
      Ella ignorava tutto - forse perchè non si curava di nulla.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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