I suoi mustacchi lunghi e folti, sur una faccia pallida, gli meritavano la più profonda considerazione dei segretari e degli attachés di ambasciate in massa: un segreto doveva nicchiare in fra quei peli! Che vi pare?
Di più, il duca di Balbek era poeta. I gesuiti gli avevano insegnato a manipolare un epigramma latino ed un acrostico greco - per fino una barcarola. Meglio ancora, egli sapeva far della cucina, come danzava la gavotte - ed il fu nostro illustre amico, Dumas padre, gli doveva la ricetta della sua famosa insalata ai trentasette ingredienti.
Possedeva, oltre a ciò, copia di piccole abilità di società per divertire le dame alla campagna. Tagliava nella carta degli arabeschi deliziosi; immaginava delle sciarade in azione; inventava dei piccoli giuochi; guidava il cotillon, introducendovi mille graziosi scherzi; eseguiva una moltitudine d'ingegnosi tours con le carte, e faceva delle audacissime manipolazioni con esse - perchè le sue mani erano più svelte ohe il suo cervello.
Come non lo si sarebbe adorato?
Al turf e' non restava indietro ad alcuno.
Giuocava poi con audacia, e mangiava come un vescovo.
Per un'ex guardia del corpo, egli era forse un po' mal pratico di armi e del maneggiarle. Ma egli sapeva dissimulare questo difetto nella sua corazza, usando mediocrissimamente del suo spirito, poco aguzzato, e mostrandosi, a proposito, poco versato nella comprensione delle malizie della lingua francese.
Del resto, aveva grande cura della dignità della sua persona; nascondeva i suoi colpetti con abilità; usava della più delicata discrezione; portava benissimo la testa alta nelle circostanze segnalate; onorava il suo nome e la sua buona nascita; rispettava le convenienze e le apparenze; non usciva mai dal medio dei suoi eguali; non perdeva giammai la calma; e sapeva forse darsi, come Enrico IV, il sangue freddo nel pericolo.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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Balbek Dumas Enrico IV
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