- Ma, in questo caso - osservò il dottore - noi potremmo giuocare il giuoco che vi piacerà più, signori. Non siamo già condannati al whist forzato, che io sappia. Che ne dite voi, signor duca? - Sono agli ordini del signor conte di Kormoff e del suo amico. - Il principe di Storkine - fece il conte, presentando il suo compatriotta. Si salutarono e si assidero. - Giuochiamo allora un giuoco che anche le donne ed i fanciulli conoscono e non disdegnano: il baccarat. La proposizione vi disgrada, signori? - proseguì il dottore sorridendo. - Niente affatto - risposero i tre altri signori, sorridendo del pari. Il dottore allungò la mano ad una tavola e vi prese 10 mazzi di carte, cui aprì ed ammonticchiò sulla tavola. Il giuoco cominciò. Si era al più vivo delle poste quando la porta del gabinetto si aprì dolcemente ed il principe di Lavandall v'introdusse Vitaliana, onde sottrarla agli inviti che la avevano di già stanca. Il principe, appoggiando al suo braccio la giovane donna, si collocò dietro al duca di Balbek, il quale non si accorse forse neppure della presenza di sua moglie - talmente il demonio del giuoco lo trasportava in quel momento. D'altronde, il suo giro di pigliar la mano arrivava. La fortuna gli aveva di già sorriso, perchè aveva innanzi a sè un mucchietto assai spesso di marche, d'oro e di polizze da banco. Prese le carte. - Si dice, signori, che, al club di Mosca sopratutto, si giuoca molto al lanzichenecco - chiese il dottore ai due Russi. È vero? Mentre il principe ed il conte rispondevano volgendosi verso il dottore, il duca di Balbek prendeva le carte - soffiandosi previamente il naso.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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