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      Vitaliana, però, che aveva gli occhi sopra di suo marito - al pari del principe di Lavandall, probabilmente - rimarcò qualche cosa cui non comprese. Perocchè, volgendosi al principe, le dimandò a voce bassa: - Che fa egli dunque? Il principe di Lavandall scostò Vitaliana, rinculando verso la porta del gabinetto. Lo aprì, uscì, lo chiuse a chiave dietro a lui, e trascinò Vitaliana in una stanza appartata. - Voi avete dimandato, duchessa - mormorò il principe a voce bassa: che fa egli dunque? - Sì - rispose Vitaliana, commossa dell'aria che prendeva il diplomatico russo. - Ebbene, duchessa, vostro marito ruba. - Signore! - gridò Vitaliana, tremando di tutte le sue membra come se fosse entrata in un bagno gelato. - Vostro marito ruba al giuoco - replicò il principe con delle lagrime nella voce. Ma abbiate calma, madama, silenzio! Partite. Io vado ad impedire uno scandalo ed un clamore forse. Vitaliana fuggì verso la porta, tremando di più in più, trascinando il principe. Questi fece chiamare la carrozza del duca di Balbek ed accompagnò la duchessa fino allo sportello, susurrandole all'orecchio: - Per l'amor di Dio, signora duchessa, silenzio con chiunque - sopra tutto con vostro marito. Io accomoderò la cosa ed avrò l'onore di presentarmi da voi domani, per comunicarvi il resto. Vitaliana fuggì, ringraziando il principe, degli occhi bruciati - perchè vi sono delle lagrime che rientrano ed appiccano il fuoco al cuore. Ella andò a cercare asilo nel suo appartamento, chiudendosi a chiave.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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