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      - L'è inutile, signori. Che mi volete voi?
      - Come! - gridò il conte di Kormoff.
      Il principe di Lavandall s'interpose, interrompendolo, e disse:
      - Adagio. Il più insultato qui, sono io. Mi occorre una riparazione eclatante. Scegliete, signore, - aggiunse egli, indirizzandosi a Balbek con piglio altero: O io apro questa porta e convoco tutti qui, per constatare che l'ambasciatore di Commodo V ruba al giuoco, o fo chiamare la polizia e vi consegno alla giustizia; o voi andrete a scrivere qui - e noi la firmeremo tutti - una dichiarazione, che voi avete rubato al giuoco in casa mia.
      Un momento di silenzio seguì questa sentenza omicida.
      Tutti gli sguardi s'inchiodarono sul viso cadaverico del disgraziato, cui i due pugni di ferro dei signori Russi tenevano ribadito sulla sua sedia.
      E' disse, in fine, di una voce cavernosa:
      - Se scrivo, che uso farete della mia dichiarazione?
      - La conserverò, per restituirvela forse, quando sarete corretto.
      E dicendo ciò, il principe metteva innanzi al duca un foglio di carta ed un calamaio; ed i due Russi lasciavano le sue mani libere.
      Il duca conservò ancora il silenzio per qualche istante, poi ghermì una penna e di una voce ferma sclamò:
      - Dettate.
      - Vi è là una pistola, signore, se preferite bruciarvi le cervella nel giardino, innanzi a noi.
      - Dettate dunque! - gridò il duca con collera.
      Lavandall dettò, Balbek scrisse:
      Io dichiaro, in presenza dei sottoscritti, di aver rubato al giuoco in casa del principe di Lavandall, oggi,
      ecc., ecc.
      - Firmate.
      - L'è fatto.
      - Firmiamo a nostra volta.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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