Scintillio di colori, di luce, di profumo, di forme squisite e strane, di quegli uccelli vegetali della stufa; tutto ciò, di unita ad un sentimento di delizie voluttuoso e misterioso, faceva irruzione nel salottino di Vitaliana ed incarnava un inno a Dio.
Tutto quivi respirava la felicità. Tutto pareva dire alla fata di quel nido di angelo: Godi! Dio ti sorride!
Stesa sopra una dormeuse, la lettera di sua madre sul seno, la noccolina di capelli sulle labbra, Vitaliana aveva gli occhi a tutto... e non nulla scorgeva! Ella si sentiva penetrata di un sentimento vago, composto di tutti i dolori e di tutti i terrori cui aveva traversato da dodici ore in qua, e di quella calma catalettica che infonde la disperazione.
Il principe entrò.
Ella si sollevò.
Il signor di Lavandall le baciò le punte delle dita e si tacque.
La si sarebbe detta una visita di condoglianza.
- Signore - sclamò infine Vitaliana, voi venite ad annunziarmi che il disastro è completo?
- Dio mi è testimone, madama - balbettò il principe commosso, o sceneggiando la commozione - che, a prezzo della mia vita, io vorrei sparmiarvi quello orribile dolore.
Nel tempo stesso, egli presentava a Vitaliana la dichiarazione di suo marito e dei testimoni.
Vitaliana la lesse, gli occhi enormemente dilatati e fissi. Poi, la carta le cadde dalle mani, e, malgrado lei, malgrado tutto, dei singhiozzi le lacerarono il petto.
Il principe si ripostò la scritta in tasca, e prese le mani di Vitaliana fra le sue, senza soggiunger verbo.
La procella durò cinque minuti; poi si appaciò di un tratto, come le bufere dei Tropici.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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