- Parola d'onore, Morella - sclamò il duca di Balbek alla fine - si pranza da te come alla tavola del re. Il tuo champagne piagnucola. I tuoi intingoli sentono la predica della quaresima. I tuoi vini sono accimorrati. Facci dunque versare un fiaschetto di vieux gaiezza.
- Voi ne avete pieno il nappo - rispose Morella. Voi non la scorgete dunque che quando la si spande sulla nappa?
- Mio caro duca - sclamò il marchese sorridendo - voi siete intraprendente.
- E l'è fortuna - osservò la Polacca - senza che, Morella ci darebbe la berta a mo' di una Bastille imprendibile.
- Il più difficile - obbiettò il Turco - non è prendere, ma tenere.
- Voi parlate male il francese - ripostò Fernandina. Io v'insegnerò la parola propria, che è nel tempo stesso il segreto di quel tenere lì.
Morella interruppe la conversazione, che pigliava mala piega.
- Pascià - diss'ella - avete voi udito il padre Lacordaire, il nostro eloquente predicatore?
- Sì - rispose il Turco con gravità - nel Don Pasquale!
- E non vi à convertito?
- E' non à gli argomenti di Fernandina.
- Bisogna che io vi presti allora un libro di M. de Lammennais.
- Non ci mancherebbe che codesto - scoppiò Fernandina. Appena se noi abbiamo il tempo di studiare la quistione di Oriente nel Cocu di Paul de Koch. Che dite voi dei miei dispacci, eh?
- Uhm! - fece il Turco. Mi ci vuole una ballerina per metterci l'ortografia.
- Lasciamo la politica - disse il marchese di un tono grave.
- Ne fate voi qualche volta, marchese? - dimandò Morella.
- Uff! - s'intromise la Polonese.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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