L'Inglese non rispose sillaba e si allontanò.
- Manca di spirito quel milionario lì - osservò Balbek. Io avrei risposto: "L'è fatta, carina. Io sono un cronometro che segna sulla sfera: mille franchi all'ora! Ne volete, cuor mio?"
- Stando a Parigi - disse il Turco - io le avrei mandato un laccio sotto forma di un filo di perle, e le avrei scritto: "Vieni a strangolarti, drolesse!"
- E voi, signor marchese, che avreste voi fatto? - dimandò Morella al marchese delle Antilles, che si taceva.
- Un giorno una ballerina del mio paese m'imberciò un'arguzia presso a poco su quel garbo - rispose il marchese. Io me la feci condurre a casa e la feci ricevere da' miei palafrenieri.
- E che diss'ella, la vostra ballerina? - dimandarono le tre donne di una voce.
- L'era una piccola sciocca. Rispose: "Che io la trattava poi troppo come la marchesa!"
- Ebbene - continuò Morella - lord Warland è stato più eteroclito di voi tutti. L'indomani, due commissionari si presentarono ad Ines e le rimisero una larga cassa da parte di uno straniero, all'albergo Meurice. Voi comprenderete che non si rifiuta una cassa sì autenticamente listata. Ines sollecitò a farla aprire, e che vi trovò?
- Ma! milord in cioccolatte - sclamò Fernandina.
- Un maiale! disse Morella.
- Vivo.
- Pelato come un uovo, in camicia da notte, porgente un viglietto profumato da una zampa, nel quale milord aveva scritto: "Eccomi qui, sotto una forma che deve piacervi. Amatemi, mio cuoricino. Arturo."
- E che fece Ines? - sclamarono le due donzelle ad un tempo.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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