Ma egli sapeva che la duchessa lo avrebbe pregato di aspettare, e che il signor di Balbek aveva passata la notte a voltolarsi ai piedi di Morella, che lo scacciava. Ora gli era codesto appunto cui Adriano desiderava. Laonde rispose a Maria:
- Ma, attenderò tanto che ella vorrà! Non si solleciti ad alzarsi ed a vestirsi. In tutto rigore, d'altronde, posso ritornare fra una coppia di ore.
- Mille scuse. Madama prega il signor conte di aspettare. Ella sarà pronta in mezz'ora. Era di già sveglia - se tuttavia ella dormì. Perocchè madama, adesso, non dorme più!
- Sta bene. Resto. Ma non nel salone, ove si potrebbe stupirsi di vedermi di così mattino. Passo dal duca.
- Il duca non è rientrato.
- Attenderò, in ogni modo, nella sua camera, ove posso leggere i giornali e fumare.
- Per lo appunto, signore - rispose Maria.
E precedè il conte alla camera da letto del duca.
Tob gli portò i giornali.
Adriano non vide in quella camera che il piccolo mobile cui gli aveva indicato Vitaliana.
Accese un sigaro, aprì il Debats, e, in leggendo e fumando, cominciò a passeggiare.
Si fermava di tratto in tratto per udire i rumori che giungevano fino a lui.
Qualche minuto scorse.
Adriano si accostò allora allo stipetto e ne considerò la toppa esterna. Si cacciò poscia le mani in tasca e ne cavò fuori due o tre mazzi di chiavi, di ogni sorta, cui aveva imprestato dal suo magnano. Ne scelse una e la provò nel buco della toppa.
Il buco era troppo piccolo.
Ne prese un'altra, poi una terza, poi una quarta. La quinta infine girò, ed il coverchio del mobile si aperse.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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