Adriano fu più chiaroveggente.
- Tanto meglio! - sclamò desso. Sarà più presto finita. Se potessi soltanto sparmiarmi di ucciderlo!
Si apparecchiava a dare qualche ordine, attendendo da un momento all'altro la visita del duca o un messaggio dalla parte di lui, quando il conte Sergio di Linsac entrò.
Il signor di Linsac era un pochino zio di Adriano.
- Tu arrivi a proposito, zio - esclamò Adriano. Io ti confisco.
- Io mi pensava che la Charte vérité avesse abolito quella villana cosa che addimandasi la confisca.
- Sì - con la medesima verità ch'essa è statuto! Ebbene, che ti à risposto il signor di Lavandall?
- Ti aspetta alle cinque, stassera, se non ài che semplicemente a parlargli; alle due, se ài qualchecosa a rimettergli, dalla parte di qualcuno. Cosa dunque macchini tu con quell'alta spia? Ti vorresti tu incanagliare nella polizia russa?
- Sta tranquillo, e non domandarmi nulla adesso. Più tardi, ti dirò forse tutto. Infrattanto, tu non mi lascerai punto per oggi; mi seconderai e mi darai la replica, se qualcosa arriva che mi obblighi a rappresentare la commedia.
- Ma io ò bisogno di andare al mio giornale, petit.
- Ta! ta! ta! Vado lì lì a scarabocchiarti il tuo premier-Paris, mentre tu fumi i miei avana, e lo manderò all'ufficio. Sei tu contento, brontolone?
- Che vescovo à perduto con te la Chiesa, monello! Saresti stato papa.
L'asciolvere terminava, quando il domestico annunziò il duca di Balbek.
- Ah! come arrivate a proposito, cugino - sclamò Adriano, andandogli incontro senza però dargli la mano.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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