- Accetto - disse Sergio. Duca, volete voi tenere la scommessa con me?
- Se sono giudice - rispose costui lentamente - non posso esser parte.
- L'è giusto - sclamò Linsac.
- Ebbene - riprese Adriano - andremo a chiacchierare un istante, il duca ed io, perchè egli à a parlarmi; poi ci recheremo ove vorrai, zio.
- Andiamo al momento - interruppe il duca. Parleremo di poi, con più agio. Il mio coupé è alla porta. D'altronde, non voglio far ritardare il cronometro della politica europea - soggiunse quindi, stendendo la mano al signor Linsac.
Questi s'inchinò.
- Ahimè! mio caro duca - rispose Sergio - io posso aspettare; imperciocchè oggidì non sono più i cronometri che regolano la politica, ma le vecchie pendole.
Mezz'ora dopo erano da Grisier.
Un'ora dopo, la scommessa era stata guadagnata.
Adriano aveva toccato il gran maestro sei volte, e parato a meraviglia.
Adriano lasciò una cedola di 200 franchi sul caminetto del maestro, e, volgendosi a Linsac, gli disse:
- Andrò a prendervi alle cinque, e pranzeremo insieme. Ora, cugino, son tutto vostro. Volete parlare in vettura, andare a casa vostra, o ritornare alla mia?
- Da voi - rispose il duca.
Quando furono soli, il contegno di Adriano cangiò.
Il suo viso, sì dolce e trasparente, assunse un'aria dura, altera e supremamente disdegnosa.
Il duca pareva completamente abbattuto.
- Io vi aspettava - disse Adriano, sedendo - ed avete potuto vedere che sono preparato.
- Perchè mi aspettavate voi? - domandò il duca. Voi avete dunque dei rimorsi?
- Io mi metto di raro nel caso di averne - replicò Adriano.
| |
I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
|
|
Sergio Linsac Adriano Linsac Sergio Grisier Linsac Adriano Adriano Adriano
|