Il suo carattere era più fermo perchè aveva per base un cuore. Le sue risoluzioni erano nette, perchè un abisso separava la condotta di suo marito dalla sua.
I decreti delle coscienze semplici sono irrevocabili: gli è il vaso poroso di Orazio che conserva sempre l'odore di cui una volta s'imbevve - quae semel imbuta recens servabit odorem testa diu!
Sposando quello straniero, cui non amava, Vitaliana gli aveva impartito quanto era in poter suo. Il cuore, no.
Il cuore non è in potere di chicchessia. È maggiore di già, nascendo, e dispone di sè stesso alla ventura.
Sì, alla ventura: un'allodola passa ed il cuore vola con lei!
Ora, l'allodola era passata, ed il cuore di Vitaliana se n'era ito, senza ch'ella se n'avvedesse.
Il dovere, pur nondimeno, la conservò pura.
Ma quando la catastrofe dell'onore di suo marito sopravvenne, ella si sorprese a chiedersi: Perchè mi asterrei io, ora che tutto è perduto?
Adriano l'aspettava.
Nel suo impeto subitaneo, Vitaliana non obliò ch'un dettaglio. Ella andava a macchiarsi delle medesime zacchere che la rendevano così severa all'incontro di suo marito: l'oltraggio all'onore, l'onta rovesciata sul nome di cui suo figlio doveva ereditare!
Ella spense forse ogni rimorso dicendosi: io l'amo! Ma chi sa se la non si disse altresì, più sommesso: sposerò un giorno Adriano! - ovvero: morrò per espiare!
Il fatto è che la si tuffò corpo ed anima in quell'amore.
L'ombra che l'offuscò nei primi giorni fu la sovvenenza di Morella.
Adriano ebbe a lottare lungamente, aspramente, prima che Vitaliana gli perdonasse - o che avesse ciera di perdonargli.
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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano 1876
pagine 440 |
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