Si parlava qualche volta dalla finestra con gli altri prigionieri; si poteva andare alla messa tutti i giorni, rubando così un po' di passeggiata nell'andare e nel tornare, il che era di gran sollievo per noi poveretti che eravamo stati severamente chiusi. Di più, riguardavamo questo luogo di requie come un primo passo verso la libertà intera, e perciò dimenticammo un poco il progetto di fuggire, sperando che, dopo quattro o cinque anni di penitenza, colla rassegnazione otterremmo da Dio e dagli uomini la fine delle nostre miserie.
Essendo dunque così meno ristretti, mi vennero in mano alcune stampe e tra le altre una del pittore Giorgio Vasari che rappresentava la Santa Concezione, colla Madonna in gloria tra le nubi, circondata dagli angeli, che schiacciava col piede la testa del serpente attorcigliato all'albero della vita; e al trono di lei erano incatenati come schiavi Adamo ed Eva cogli altri patriarchi del Testamento vecchio, in atti differenti. M'invogliai di copiarla in pergamena, tutta a punteggiatura di penna e di mandarla poi, come voto, alla Santissima Concezione delle monache di Campo Marzo. Ci misi quindi tutto il mio ingegno, sperando che, quando l'avessi finita, anche le mie pene finirebbero. Le mie speranze non furono vane, poiché, dopo aver messo diciotto mesi in quel lavoro, passati dieci giorni da che era stata presentata all'altare, Iddio mi fece la grazia di farmi intravvedere la libertà che avevo tanto desiderato, e di condurmici, come vedrete, per vie veramente miracolose.
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