Preparai tutto per la domenica seguente, nel qual giorno misi ogni cosa nella manica della mia veste da camera. Quando gli ebbi dato ogni cosa insieme ad un biglietto, anch'egli me ne dette un altro che aveva pronto. Lo lessi appena giunto nella mia camera e fui tutto sorpreso di trovarvi queste parole. «Voi avete voluto consolarmi con molta bontà per quel che vi chiesi. Anch'io, alla mia volta, voglio consolarvi, e la consolazione che vi voglio dare è il dirvi che tra breve sarete liberato da queste miserie e godrete la libertà».
Letto questo biglietto, mi volsi stupefatto ad Alfonsi e gli chiesi se avesse scoperto nulla dei nostri disegni al Molinos.
- No, - egli mi rispose - non gli dissi nulla. Non sono tanto matto da lasciarmi uscir di bocca un segreto di tanta importanza!
- Se questo vecchio dicesse il vero - ripresi io - sarebbe un buon profeta per noi, ma temo assai che quel che mi scrive non provenga da buone parole sfuggite al carceriere in sua presenza, e che la sua pietà gli abbia inspirato di farcene parte per consolarci.
Alfonsi giudicò lo stesso.
Il giorno dopo risposi al Molinos con un altro biglietto in questi termini: «Vi ringrazio umilmente, signore, della consolazione che mi date facendomi sperare una prossima liberazione. Sia che ciò provenga da inspirazione o solamente da augurio, ve ne sono obbligato senza fine e vi prego di ricordarmi nelle vostre buone preghiere. Se però voi l'avete inteso da qualcuno, non oso sperarvi e dico a questo proposito omnis homo mendax». Gli diedi questo biglietto andando alla messa e nello stesso tempo egli me ne diede un altro che aveva pronto, in questi termini: «Io so che mi chiederete chi mi può avere avvertito che non tarderete molto a ricuperare la libertà: ma occorre che la speriate senza cercare di più». Infatti dopo trenta giorni circa, ero fuori di carcere.
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