Pagina (43/170)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Intanto la pioggia imperversava sempre e la mia sete era insopportabile. Cominciai a suggere l'acqua che stillava dalle foglie dell'edera, ma la trovai amara come il fiele e se bagnava un poco le mie labbra, irritava la mia sete invece di calmarla. Quest'edera mi fece ricordare nella mia calamità quel che avevo letto del Profeta Giona: et laetatus est Ionas super hedera laetitia magna. Lo imitai raccomandandomi a quel gran Dio che l'aveva punito e salvato e pregai il Signore a darmi nella sciagura costanza sufficiente per resistere a tanti mali e a difendermi collo scudo della sua protezione da coloro qui quaerebant animam meam. Non cessavo di rimettermi a Lui supplicandolo con tutto il cuore di darmi forza abbastanza per sopportare la fame e la sete e salvarmi dalla persecuzione di nemici così possenti.
      A poco a poco la stanchezza mi addormentò e il sonno durò quasi due ore. Mi svegliai sul far del giorno e con uno spavento terribile sentii camminare presso di me cinque o sei uomini che parlavano tra di loro sottovoce e dicevano: «Di qui non può esser passato nessuno». Ascoltai tremando e potete credere che non osavo tirare il fiato. Finalmente costoro, dopo essersi aggirati quattro o cinque volte attorno alla siepe che mi nascondeva come la nube di Venere nascose Enea, stanchi di stare alla pioggia che cadeva sempre, se ne andarono.
      Intanto col nuovo giorno tornò la luce e vidi a un tiro di fucile, alla mia sinistra, la casa dell'ortolano. Vidi una donna e tre o quattro bimbi che se il tempo non fosse stato così rotto, sarebbero senza dubbio venuti sotto l'albero, accomodato apposta, poiché in tutto l'orto non c'era che questo luogo che fosse adatto ai loro giuochi.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





Profeta Giona Ionas Dio Venere Enea