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      Il resto era tutto coltivato e pieno di erbaggi.
      Notai che Iddio mi assisteva veramente colla sua grazia particolare poiché piovve senza requie tutto il giorno; altrimenti sarei stato scoperto senza dubbio. Pioveva tanto forte che lo stesso ortolano non poté uscire di casa. Ci fu però un momento in cui avendo bisogno d'acqua per cucinare, prese un orciolo e venne correndo per quanto poteva verso il luogo dove io stavo nascosto.
      Proprio a quattro passi dall'albero che mi serviva di ricovero, si abbassò, riempì l'orciolo in un fossatello che non avevo visto e senza nemmeno alzar la testa (se l'avesse alzata, m'avrebbe visto) tornò a casa correndo come era venuto. Io languivo di sete come Tantalo, con l'acqua avanti a me, senza osare di torne una goccia. La notte non l'avevo vista e il giorno non mi arrischiavo di andarne a bere. Quella che pioveva dal cielo, non mi cadeva addosso che per inzupparmi: quella che cadeva dall'alto del fossato, dietro a me, non serviva che a bagnarmi la schiena, in modo che essendo fradicio dalla testa ai piedi, dopo essere stato tanto tempo seduto ed immobile, sentii i miei muscoli tanto irrigiditi che mi pareva di essere rattratto.
      In mezzo a tante pene riflettevo amaramente alla disgrazia del povero Alfonsi. Pensavo che se non aveva potuto mettersi al sicuro dal pericolo nascondendosi in qualche luogo o trascinandosi nella sacra immunità di San Pietro, così vicina, lo avrebbero rimesso in prigione e costretto a confessare in che modo eravamo fuggiti, che strada volevamo prendere e sopratutto che vestiti avevo; indizio questo pericolosissimo per farmi riconoscere ed arrestare.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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