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      - Dov'è la lettera che avete?
      Feci le viste di cercarla in tasca:
      - Eccola - dissi, e intanto lo pregai di mandar via il servo col lume.
      - No, no, - egli rispose - voglio che rimanga. Allora mi avvicinai rispettosamente a lui e, prendendolo per mano, gli dissi all'orecchio:
      - Sono Pignata.
      Egli si decise subito mutar faccia e rispose:
      - Domani, prima di partire, tornate da me, e vi darò la risposta. Disse poi al servo che se ne andasse, fingendo di dovermi dire qualche cosa in segreto, e mentre costui saliva le scale, senza che se ne potesse accorgere, mi condusse nel suo appartamento e mi chiuse nella camera da letto. Egli stesso andò poi a prendere il lume e disse ai suoi servi che voleva cenare in camera e che gli portassero da mangiare. Ritornato, ci rinchiudemmo e con mille abbracciamenti ebbi da lui gli ordinari segni della sua amicizia.
      - Caro amico - gli dissi - io sono disperato se non m'assisti. Ne ho bisogno estremo, non solo pel cibo, ma pel riposo, poiché dopo tutte le fatiche passate non ho più forza di reggermi in piedi.
      Egli allora andò a prendere del fuoco in uno scaldaletto, riscaldò le lenzuola, mi strofinò tutto il corpo con tovaglie ed acquavite e mi fece mettere in letto. Un'ora dopo, fece portare la cena nell'anticamera e, mandati via i servi, la portò in camera, presso al letto dove ero io e cenò meco. Non si stancava d'abbracciarmi e pareva tutto sorpreso e contento d'avermi con lui, dopo il rischio di un'impresa tanto pericolosa. Volle dormire con me, poiché il letto era all'italiana ed avrebbe contenuto quattro persone.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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